Attenzione a questa terapia comune: se hai l’osteoporosi è assolutamente controindicata

Esistono terapie comunemente impiegate per varie patologie che, in presenza di osteoporosi, risultano assolutamente controindicate e possono comportare rischi gravi per la salute delle ossa. Nel contesto dell’osteoporosi, ovvero una condizione cronica caratterizzata da una progressiva perdita di massa ossea e compromissione della struttura trabecolare, la gestione farmacologica deve essere estremamente attenta: alcune sostanze, pur usate di frequente, possono aggravare la fragilità scheletrica ed esporre il paziente a un aumento significativo del rischio di fratture.

Quali terapie risultano controindicate nell’osteoporosi?

La classe di farmaci che più frequentemente si è dimostrata dannosa in soggetti osteoporotici è rappresentata dai corticosteroidi o cortisonici, spesso impiegati per il trattamento a lungo termine di malattie infiammatorie croniche come artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico, asma grave e broncopneumopatia ostruttiva cronica. L’uso prolungato di corticosteroidi è tra i principali fattori di rischio secondari per lo sviluppo o l’aggravamento dell’osteoporosi, secondo la letteratura scientifica. Questi farmaci infatti:

  • Provocano una riduzione dell’attività degli osteoblasti, le cellule responsabili della sintesi di nuovo tessuto osseo
  • Aumentano l’attività degli osteoclasti, le cellule che riassorbono l’osso
  • Determinano di conseguenza una perdita netta e progressiva di massa ossea

Anche altre categorie di farmaci sono associate a un peggioramento del quadro osteoporotico o alla sua insorgenza:

  • Gli anticonvulsivanti impiegati nel trattamento dell’epilessia possono interferire con il metabolismo della vitamina D, fondamentale per la salute ossea.
  • La tiroxina, se assunta in eccesso nel trattamento delle patologie tiroidee, in particolare l’ipotiroidismo, può accelerare il metabolismo osseo favorendo la perdita di densità minerale.
  • Gli anticoagulanti come l’eparina a lungo termine possono anch’essi ridurre la massa ossea, esponendo il paziente a rischi maggiori di frattura.
  • Alcuni antiacidi, in particolare quelli a base di alluminio, possono interferire con l’assorbimento del calcio e dunque aumentare il rischio di osteoporosi.

Effetti collaterali e complicanze delle terapie farmacologiche comuni

La terapia cortisonica cronica rappresenta senza dubbio il modello paradigmatico di trattamento potenzialmente nocivo per i pazienti affetti da osteoporosi già diagnosticata. Oltre all’aumentato rischio di fratture, uno degli effetti più temuti è la comparsa di complicanze come la vertebroplastia dolorosa e la frattura spontanea dei corpi vertebrali, specialmente nella popolazione anziana.

Anche i bisfosfonati – farmaci tipicamente utilizzati nella cura dell’osteoporosi per la loro capacità di inibire il riassorbimento osseo – se utilizzati oltre i cinque anni possono essere associati a complicanze come le fratture atipiche della diafisi femorale e, molto raramente, a osteonecrosi della mandibola, specialmente in presenza di fattori di rischio concomitanti e procedure odontoiatriche invasive. Il denosumab, altro agente impiegato nelle forme severe di osteoporosi, può in rari casi dare luogo a infezioni cutanee gravi, osteonecrosi e fratture non comuni, motivo per cui il suo impiego viene solitamente riservato ai pazienti a elevato rischio e non trattabili diversamente.

I modulatori selettivi dei recettori estrogenici (come raloxifene e basedoxifene), utilizzati per la prevenzione della perdita ossea post-menopausale, sono invece controindicati in pazienti con precedenti episodi trombotici o rischio elevato di eventi cardiovascolari: aumentano sensibilmente la possibilità di ictus o trombosi venosa profonda nelle persone predisposte.

Romosozumab, farmaco innovativo usato in alcuni casi selezionati, può incrementare il rischio di eventi cardiovascolari come ictus o infarto nei soggetti con storia di problemi simili, risultando così controindicato in queste popolazioni.

L’importanza della valutazione specialistica

La gestione terapeutica dei pazienti affetti da osteoporosi richiede una valutazione attenta e personalizzata, affidata a specialisti reumatologi, endocrinologi o geriatri, che sono in grado di valutare:

  • Quali farmaci siano appropriati tenendo conto di eventuali controindicazioni specifiche e comorbidità
  • La corretta integrazione di calcio e vitamina D, prevendendo deficienze frequenti nella popolazione anziana
  • L’eventuale sospensione o sostituzione delle terapie dannose per il metabolismo osseo

È dunque fondamentale evitare il “fai da te” nella scelta dei farmaci: l’assunzione di farmaci non prescritti o la modifica arbitraria di terapie già prescritte possono portare a inefficacia terapeutica, peggioramento del quadro osteoporotico e comparsa di complicanze potenzialmente gravi. Il monitoraggio periodico della densità minerale ossea e dei fattori di rischio individuali permette una gestione più sicura e attenta della terapia.

Prevenzione e strategie alternative

Per i pazienti con rischio elevato di osteoporosi, la prevenzione gioca un ruolo cruciale:

  • Un’adeguata assunzione di calcio attraverso la dieta o, se necessario, con integratori specifici prescritti dal medico
  • La regolare esposizione alla luce solare per favorire la sintesi endogena di vitamina D
  • Attività fisica moderata e costante, ad esempio camminata veloce o esercizi di resistenza, adattata alle condizioni cliniche del soggetto
  • Evitare l’abuso di alcol e il fumo di sigaretta, entrambi fattori di rischio per la salute ossea
  • Limitare l’uso di farmaci potenzialmente dannosi per l’osso, valutando sempre con il medico eventuali alternative terapeutiche

È importante sottolineare che nelle situazioni in cui la terapia cortisonica non può essere evitata, ad esempio in malattie autoimmuni particolarmente gravi, il medico potrà associare farmaci specifici anti-osteoporotici e monitorare attentamente la salute ossea del paziente attraverso esami periodici.

In sintesi, se si soffre di osteoporosi o si ha un rischio aumentato di svilupparla, occorre massima attenzione nell’assunzione di terapie farmacologiche comuni – corticosteroidi, alcuni anticonvulsivanti, eparina e altri – consultando sempre lo specialista per adottare il percorso terapeutico più adatto e sicuro.

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